A beneficio di nuovi e vecchi lettori di questo Sito riportiamo -a puntate- la storia della Chiesa locale così come sinteticamente eppure magistralmente esposta dal Professore Giacomo Carito che reputo -e sono certo di non sbagliarmi- come il massimo conoscitore della Storia di Brindisi (e quindi anche della sua Chiesa) fin dalle sue origini. E’ istruttivo ed opportuno conoscere la storia -nella fattispecie quella ecclesiale- ed è persino piacevole e tutt’altro che “barboso” apprenderla dal professore Carito così come è riportata dal Sito Ufficiale dell’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni(www.brindisiweb.com/arcidiocesi/)
Ecco: siamo agli albori del Cristianesimo, il Signore ha da pochi decenni dato il mandato ai suoi Apostoli di diffondere il Vangelo e…
Brindisi è stata fra le prima città dell’occidente ad accogliere il messaggio evangelico. Collocata nel cuore del Mediterraneo, era il luogo d’imbarco verso l’oriente per commercianti, legionari, studiosi e pellegrini. Lo stesso Pietro, per quel che ne riferisce, circa il 170 Dionigi di Corinto, potrebbe qui essere approdato. L’apostolo, venendo dall’oriente, imbarcandosi a Corinto è verosimile sia sbarcato a Brindisi da cui avrebbe potuto proseguire per Roma attraverso la via Appia. Questo itinerario fu seguito, ai primi del II secolo, da sant’Ignazio d’Antiochia nel corso del viaggio che compì per raggiungere Roma dalla Siria, toccando Filadelfia, Smirne, Troade, Napoli, Durazzo e Brindisi.
Nel corso del III secolo si possono pensare già attive nel territorio corrispondente alla Puglia attuale le sedi episcopali di Brindisi, Canosa, Troia, Lucera e Salapia. Il metropolita brindisino Marco è uno dei sette delegati occidentali, unico della penisola italiana, presenti nel 325 al concilio di Nicea. Qui era presente, quale accompagnatore di Alessandro patriarca di Alessandria, Atanasio che, nel 357, pare riferirsi ai monaci di Terra d’Otranto quali destinatari della sua Vita Antonii. Paolino da Nola (353/4-431), scrivendo tra il 398 e il 400 un augurio di accompagnamento diretto al santo vescovo Niceta di Remesiana rileva la presenza di monasteri maschili e femminili tra Lecce e Otranto.
Nel Salento trovarono rifugio nel V secolo profughi africani che, come attesta anche Vittorio di Vita (484), qui si rifugiarono per sfuggire alle persecuzioni poste in atto dai vandali d’osservanza ariana. Traccia dei vescovi e dei cristiani provenienti dal Nordafrica è nel culto antico per sant’Oronzo in Ostuni; qui l’onomastico ha diffusione già nel XVI secolo allorché è riferimento a una chiesa dedicata a sant’Oronzo e ubicabile sul monte Morrone. Le attuali modalità cultuali sono legate al seicentesco rinvenimento, sul monte Morrone, della grotta in cui il santo avrebbe trovato scampo in età neroniana e del fonte che avrebbe fatto aprire nella roccia.
San Leucio, è alle origini dell’esperienza cristiana nel Salento. Buona parte delle sedi episcopali di Terra d’Otranto lo esige quale protagonista delle rispettive leggende di fondazione quasi a significare l’originario rapporto di filiazione con la cattedra di Brindisi. La diffusione del suo culto in Italia meridionale si ebbe in coincidenza con la conversione ufficiale dei longobardi del ducato di Benevento al cristianesimo ad opera di san Barbato (+680) e della duchessa Teoderada (+706). È in questo periodo che il corpo di Leucio è traslato da Brindisi a Trani da dove, in seguito, sarebbe stato trasferito a Benevento centro del culto dei santi appartenenti all’Italia meridionale o in essa venerati. Leucio sarebbe nato in Alessandria d’Egitto; la sua prima formazione avvenne in una comunità monacale egiziana. Una visione, già ordinato vescovo, lo muove verso Brindisi dove potrebbe essere giunto ai primi del V secolo, profugo o visitatore dei confratelli. Segni forti è costretto ad offrire alla popolazione di Brindisi; sbarca nel seno di ponente, “non longe ab urbe“. Si rende presto conto dell’esistenza di un forte partito pagano, capeggiato da Antioco che chiede e ottiene, per la conversione, un segno ossia la pioggia. Leucio, che sino a quel momento aveva predicato poco fuori la porta occidentale della città, presso l’anfiteatro, poté promuovere l’edificazione “in media civitate” di una chiesa dedicata alla Vergine e a San Giovanni Battista. Seguita la sua morte sarebbe stato sepolto nel cuore della necropoli pagana di Brindisi, attuale quartiere Cappuccini, “ubi sanctus primo appedavit, et de navi descendit“. Sarebbe morto l’11 gennaio o sotto l’imperatore Teodosio I (379-385) o, molto piú verosimilmente, Teodosio II (408-50).
Una lettera di papa Celestino I (422-32) indirizzata il 21 luglio del 429 ai vescovi di Apulia et Calabria, termine quest’ultimo allora significante il Salento, fa intendere come la chiesa abbia salde radici nel territorio. Nel corso del V secolo, nel territorio corrispondente all’attuale Puglia, alle sedi episcopali preesistenti si aggiungono quelle di Siponto, Carmeianum, Ordona, Trani, Bari, Egnazia, Lecce, Otranto, Gallipoli e Taranto.
Il nome del vescovo Giuliano è reso dalla lettera per la quale il pontefice Gelasio I (492-6) offre conferma all’avvenuta elezione. Il testo contiene importanti indicazioni e prescrizioni in ordine alle ordinazioni, alla divisione dei redditi e al conferimento del sacramento del Battesimo.
Alla fine del VI secolo, Gallipoli, Lecce e Brindisi si trovano prive del loro capo spirituale e il pontefice Gregorio Magno incarica Pietro, vescovo d’Otranto, di visitare queste sedi sollecitando l’elezione di nuovi vescovi. Nel 601, ordina allo stesso Pietro di prendere parte delle reliquie del corpo di san Leucio da Brindisi e di inviarle ad Opportuno, abate del monastero dedicato allo stesso santo in Roma. Nella temperie culturale del settimo secolo si sviluppa l’episcopato di san Pelino, monaco basiliano formatosi in Durazzo, trasferitosi in Brindisi, in uno coi siri Gorgonio e Sebastio e col suo discepolo Ciprio, in quanto non aderente al Tipo ossia all’editto dogmatico voluto dall’imperatore bizantino Costante II nel 648. Pelino, coi suoi compagni, è difensore dell’ortodossia e in Brindisi pensa di trovare un asilo sicuro. Non ancora quarantenne assume la dignità episcopale; si mostra, in questa veste, fermo e intransigente innanzi ai funzionari imperiali che, infine, lo allontanano dalla cattedra brindisina. Deportato a Corfinio, viene qui condannato a morte e ucciso probabilmente nel 662 in uno con Sebastio e Gorgonio, bibliotecari ossia archivisti della sede episcopale di Brindisi. Da qui il vasto culto che negli Abruzzi è riservato al santo: patrono della diocesi di Valva – Sulmona, dedicatario della basilica cattedrale di Corfinio e di un piccolo centro abitato nella diocesi dei Marsi. (1. continua)
Giacomo Carito
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