Se un cristiano potesse scegliere il giorno della sua morte probabilmente penserebbe alla ricorrenza della Pasqua: in quel giorno Cristo vince la morte e ci rende partecipi della sua Risurrezione aprendoci le porte del Paradiso. Ebbene oggi, domenica 27 marzo 2016, Pasqua, è morto mio zio, Teodoro Tedesco, brindisino, classe 28.
Nei necrologi e nei manifesti -laddove ancora questi si usano- un tempo era frequente la espressione “Cristianamente, come visse, e munito dei conforti religiosi è morto…” : tale frase calza a pennello per lui: una vita -una lunga vita- vissuta in modo garbato, premuroso, laborioso, cristiano.
Scrivere un ricordo di lui in un blog semisconosciuto può apparire un azzardo: chi, oggi, a Brindisi, conosce Tedesco Teodoro? Lasciò la sua città ragazzo -diciottenne- per servire la Patria nella Polizia di Stato e Milano divenne la sua città: lì conobbe una giovane e bella friulana bionda -che sposò e che gli diede Adriana e Paolo, miei cugini- e lì oggi è morto, serenamente e, come detto, cristianamente.
Pertanto oggi la sua Brindisi, tranne noi suoi parenti, non sa che un suo figlio è volato in Cielo. Chi usa l’espressione “sciabbicoto” come sinonimo di “rozzo” oppure “zambro” spesso non conosce neppure l’etimologia di questo termine. Che rinvia a quella che era una delle zone più antiche e caratteristiche di Brindisi – il rione Sciabiche- che sorgeva lungo il seno di Ponente.
Storici locali od anche iniziative spontanee di cittadini -spesso usando i social media- rievocano pezzi di vita autenticamente brindisina. Ed è un bene. Ma, complessivamente, si va perdendo lentamente il ricordo: si assottiglia il numero delle persone che son nate, cresciute vissute lì, per ovvie ragioni anagrafiche.
Eppure un tempo, neppure troppo lontano, era quello – il rione Sciabiche- il cuore pulsante della città: lì mio nonno, Tedesco Teodoro pure lui (e come non vedere il quel nome di battesimo un forte richiamo al santo Patrono della città) come altri giovani laboriosi, artigiani e con un pizzico di sana voglia di impresa, metteva su una bottega per costruire barche, barche destinate ai tanti pescatori di Brindisi.
E dopo la dolorosa esperienza , in età ancora giovane, della vedovanza Tedesco Teodoro sposa mia nonna Antonietta Stea “sciabbicota” pure lei. E nascono, uno dopo l’altro, tanti figli: figli che sono essenzialmente dono di Dio. Alcuni muoiono in tenera età -cosa purtroppo frequente ad inizio Novecento- altri “resistono”: Teodoro, Raffaele, Carolina.
Carolina è la mia mamma, nasce nel ’32: neppure il tempo di vedere la sua Lina compiere due anni che il 1° settembre del 1933, mentre la città festeggiava il suo Patrono, Tedesco Teodoro – Mestru Ghiatoru- muore prematuramente. Resta vedova mia nonna Tetta con tre bimbi piccoli. E’ la vita, dura a volte.
Il tenore di vita cambia per la famiglia e soprattutto c’è la indelebile esperienza di restare orfani: zio Teodoro, il più grande, di anni ne aveva quasi sei, zio Raffaele quattro e la mia mamma diciassette mesi. Un piccolo grande dramma: un dramma che è tale -e tale resta- quando si perde un genitore perché muore. E la morte è un fatto naturale.
[Ma è un dramma anche quando viene a mancare un genitore per un capriccio egoistico degli adulti (si, adulti capricciosi: una paradossale realtà): altro che emancipazione della donna o conquiste di civiltà o progresso… il divorzio è una piaga, ed è un fatto culturale non naturale].
Il lettore non si intimorisca: non verrà narrata una lunga storia strappalacrime: si vuole solo ricordare Tedesco Teodoro, classe ’28, figlio di Tedesco Teodoro, che oggi, il Giorno di Pasqua, è nato al Cielo. Ed io ho voluto dirlo.
A Dio, zio Teodoro!